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mar
17

D.Lgs. 81/08: valori di riferimento per la movimentazione manuale carichi


Un approfondimento sulla valutazione del rischio da movimentazione manuale dei carichi alla luce del D.Lgs. 81/2008: la scelta dei valori di riferimento.

Affrontiamo uno dei problemi che si è avuto nel passaggio dal D.Lgs. 626/94 al Decreto legislativo 81/2008 per quanto riguarda la movimentazione dei carichi quale possibile rischio per le strutture della colonna dorsolombare.
Se ad esempio nelle Linee Guida sull’applicazione del D.Lgs. 626/94 – pubblicate dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome nel 1996 – vennero indicati valori ponderali di 30 kg per i maschi e 20 kg per le femmine, ora il Titolo VI ("Movimentazione manuale dei carichi") del D.Lgs. 81/2008 non indica valori ponderali specifici ed è necessario individuare nuovi valori di riferimento.
 
Valore ponderale per i lavoratori maschi
Si ricorda che all’Allegato XXXIII del D.Lgs. 81/2008 si "fa esplicito riferimento alle tre parti della norma ISO 11228 e, in particolare nel caso della movimentazione manuale dei carichi, alla parte 1".
L’articolo – che vi invitiamo a visionare direttamente – riporta diverse tabelle esplicative tratte dalla norma ISO 11228.
In una di queste leggiamo che per l’uso professionale sono individuati 3 gruppi di popolazione di riferimento con diversi valori di "massa di riferimento", accompagnati dalla specificazione della "percentuale di popolazione utilizzatrice protetta".
Un valore di riferimento relativo ai lavoratori maschi si può trarre da quanto indicato nella tabella per la "popolazione lavorativa adulta", "per la quale è indicato il valore di 25 kg", in sostituzione, dunque, dell’abrogato valore di 30 kg indicato nella 626/94. Valore, quello di 25 kg, che "è in grado di proteggere il 95% della popolazione professionalmente esposta di sesso maschile".

Le differenze di genere
Sappiamo che per la valutazione dei rischi è molto importante tener conto delle differenze di genere (D.Lgs. 81/2008, art. 28, comma 1).
Tuttavia trovare i valori di riferimento per la popolazione lavoratrice femminile non è un problema: tale valore è "fissato in 20 kg dal R.D. 635/1934, tuttora vigente e di conseguenza modificabile solo a seguito di specifico intervento legislativo".
Tra l’altro "il valore indicato dalla ISO 11228-1 per la ‘popolazione lavorativa adulta’ (25 kg) protegge il 95% dei maschi, ma solo il 70% delle femmine, per cui non può essere efficacemente adottato per la tutela della salute della popolazione lavorativa adulta femminile".
Per proteggere almeno il 90% delle lavoratrici la Tabella C.1 della ISO 11228-1 assegna questo requisito protettivo ai 20 kg (anche se la "medesima tabella assegna un analogo livello di protezione sia ai 23 kg, sia ai 15 kg: a prescindere dal fatto che non si comprende come tre pesi così diversi possano avere lo stesso valore protettivo").
Il valore 23 kg, adottato dal NIOSH statunitense (National Institute of Occupational Safety and Health) e che rappresenta "il massimo peso di riferimento", secondo gli autori "non risulta proponibile come valore limite per la popolazione femminile".
Riguardo poi al valore 15 kg (indicato nella Tabella 1 della norma UNI EN 1005-2 per la "popolazione lavorativa generale, che comprende i giovani e gli anziani" e "suggerito dalle linee guida ad hoc della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale" che fanno riferimento alla stessa norma) si indica che la norma UNI EN 1005-2 "non è applicabile nella valutazione dei rischi non solo perché non esplicitamente richiamata all’Allegato XXXIII del D.Lgs. 81/2008, ma anche perché rivolta ai progettisti di macchine". 

Le differenze di età
Nella norma ISO 11228-1 si legge "che la riduzione delle capacità fisiche inizia ad essere via via più significativa a partire dai 45 anni d’età (benché non espresso con chiarezza, parrebbe di intuire che è a partire da questa età che la ISO qualifica come anziana una popolazione lavorativa)".
Nella tabella della norma per la popolazione lavorativa giovane e anziana sono riportati 3 valori (15, 20, 23 kg), valori che "proteggono il 99% dei maschi a fronte di solo il 90% delle femmine, le quali otterrebbero lo stesso livello di protezione adottando come riferimento il peso di 10 kg". Inoltre "la scelta eventuale di 15 Kg per i maschi e 10 Kg per le femmine equiparerebbe i soggetti di età superiore a 45 anni ai portatori di patologie del rachide di media gravità".
Una soluzione del problema, secondo gli autori, potrebbe "venire da una periodicità della sorveglianza sanitaria diversificata in funzione dell’età del lavoratore", ma "questo approccio pare poco praticabile in quanto:
– l’art. 41 del D.Lgs. 81/08 stabilisce che la sorveglianza sanitaria debba avere cadenza "di norma" annuale;
– il Capo III del Titolo VIII del medesimo D.Lgs. 81/08 (art. 204), relativamente al rischio da vibrazioni trasmesse al corpo intero - che presenta lo stesso organo bersaglio della movimentazione manuale dei carichi - prevede una sorveglianza sanitaria periodica a cadenza annuale".
In conclusione riguardo alle differenze dovute all’età ("questione sicuramente non secondaria, considerando il progressivo invecchiamento della popolazione lavorativa"), gli autori non ritengono "necessario procedere a valutazioni del rischio differenziate o ad un ravvicinamento della sorveglianza sanitaria che, secondo la norma, deve avere periodismo annuale".
Pensano inoltre che sia "utile - anzi, necessario - che le differenze di età vengano prese nel dovuto conto da parte del medico competente nel momento di formulazione del singolo giudizio di idoneità".

Stratificazione del rischio
Il documento si occupa anche della "questione dei valori dell’indice di sollevamento calcolato con l’equazione NIOSH da adottare come valori di azione e valori limite di esposizione".
A questo proposito e in analogia con quanto previsto dal Capo III del Titolo VIII del D.Lgs. 81/2008 relativamente al rischio da vibrazioni trasmesse al corpo intero, "si potrebbero definire:
– quale ‘valore d‘azione’ l’Indice di sollevamento superiore a 1;
– quale ‘valore limite di esposizione’ l’Indice di sollevamento superiore a 3".
In particolare al superamento del "valore d’azione" scatterebbe l’obbligo del rispetto di quanto previsto dagli articoli 168 e 169 del Testo Unico, "raccomandando, tuttavia, l’attivazione della sorveglianza sanitaria al superamento del valore 0,85".
Mentre al superamento del "valore limite di esposizione" per analogia si può indicare "quanto previsto per le vibrazioni trasmesse al corpo intero al comma 2 dell’art. 203": …il datore di lavoro prende misure immediate per riportare l’esposizione al di sotto di tale valore, individua le cause del superamento e adatta, di conseguenza, le misure di prevenzione e protezione per evitare un nuovo superamento.

FONTE: www.puntosicuro.it


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